FRANCO VACCARI
Nasce
a Modena nel 1936.
Figlio
di un fotografo professionista, sin dagli anni in cui frequenta il liceo,
coltiva interessi intorno all’arte, in particolare la poesia, la fotografia e
il cinema. Frequenta l’Università a Milano, dove completa gli studi scientifici
laureandosi in Fisica al Politecnico. Studi e interessi della giovinezza
indirizzano e formalizzano quelle ricerche sperimentali che confluiranno da una
parte nella produzione artistica d’esordio come poeta visivo (Pop esie,
1965; Entropico, 1966; Le tracce, 1966; Atest, 1968; La scultura buia, 1968; Strip-street, 1969; Per un trattamento completo, 1971),
dall’altra parte in una sempre più serrata riflessione teorica sui mezzi di
comunicazione e il processo artistico (Duchamp e l’occultamento del lavoro,
1978; Fotografia e inconscio
tecnologico, 1979).
La
sua prima personale è ospitata alla Galleria dell’Elefante di Venezia già nel
1966, ma è con L’ambiente buio (Centro di Documentazione Visiva, Piacenza,
1968) e poi con Ambiente Geiger (Galleria
Techné, Firenze, 1969) e Concerto
cosmico (Modena, 1969) che inaugura un’autonoma e personale espressione
artistica intesa, piuttosto che come opera finita, nel senso di una più ampia
azione concettuale a partire dall’ambiente in cui si svolge sino alle possibili
interazioni.
A queste
azioni-evento Franco Vaccari assegna la denominazione di esposizioni in tempo
reale:
«La differenza fra gli happening, le
performance e le esposizioni in tempo reale è una differenza di struttura.
Mentre infatti le prime si sviluppano linearmente e nelle varie fasi
ubbidiscono a precisi programmi predeterminati, le esposizioni in tempo reale
hanno come elemento caratterizzante la possibilità di retro-azione e cioè del
feed-back» (Franco Vaccari, 1978). Dunque, l’ambiente non è lo “spazio
dell’esposizione” e nemmeno “dell’azione” strictu sensu, al contrario è “spazio
della relazione”;l’opera non è un “dato progettato dall’artista”, al contrario
è un “processo innescato dall’artista”.
È
con l’Esposizione in tempo reale n. 4. Lascia su queste pareti una traccia
fotografica del tuo passaggio, sala personale al Padiglione Italia della
36ª Biennale di Venezia del 1972, che
ottiene il primo riconoscimento internazionale, aprendosi al grande pubblico:
«[...] ho esposto una cabina Photomatic
(una di quelle cabine per fototessere che si trovano nelle grandi città) ed una
scritta in quattro lingue che incitava il visitatore a lasciare una traccia
fotografica del proprio passaggio. Io mi sono limitato ad innescare il processo
facendo la prima photostrip, il giorno dell’inaugurazione; poi non sono più
intervenuto. Alla fine dell’esposizione le strip accumulate erano oltre 6000»
(Franco Vaccari, 2007).
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ALLEGRO MA NON TROPPO
25 gennaio - 12 aprile 2015